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Davide Caparini:” Lombardia Stato! Lo vorrebbe la maggior parte dei lombardi”

53 anni, ingegnere meccanico, imprenditore, politico, per anni referente per la comunicazione della Lega Nord, Davide Caparini può ormai considerarsi un veterano della politica, nonostante la sua, sicuramente non veneranda, età. Eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati nel 1996 vi è rimasto per cinque legislature fino al 2018 quando decide di non ricandidarsi. All’interno della Lega si occupa dei media del partito e grazie anche al suo operato nascono il giornale La Padania, Radio Padania Libera, Telepadania e il settimanale Il Sole delle Alpi. Si occupa inoltre dell’organizzazione di eventi come il Capodanno Celtico e Miss Padania. Già vicepresidente della Camera dei Deputati e membro della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, attualmente ricopre la carica di assessore al bilancio di Regione Lombardia.

avide Caparini, un politico navigato, in senso positivo, possiamo definirla così?

Navigato, francamente no. Piuttosto, concreto. Ho fatto esperienze a livello nazionale, ma il mio percorso politico è sempre stato con la mia gente e per la mia terra. Mi sono sempre ben guardato dall’occuparmi dei massimi sistemi della politica che spesso perdono il contatto con la realtà per concentrarmi sulla soluzione dei problemi nella quotidianità di ognuno di noi.

Cosa le ha lasciato la lunga esperienza parlamentare?

Ho studiato, conosciuto e praticato i complessi meccanismi della macchina dello Stato che per molti aspetti è ridondante, inutile, superflua. Ho capito che se si vuole cambiare in meglio il Paese, bisogna liberarlo dalla farraginosa sovrastruttura burocratica centrale che lo soffoca per meri interessi corporativi. Questo, al di là degli schieramenti. Le incrostazioni burocratiche danneggiano tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalle loro idee politiche.

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E adesso un ritorno in terra Lombarda con un incarico importante, forse quello più importante, il bilancio.

Vero, ma non è l’incarico più importante. È il più concreto, almeno dal mio punto di vista. E dà una responsabilità molto forte a chi lo ricopre. È necessaria la capacità di analisi obbiettiva delle situazioni, studiare e approfondire tutte le problematiche con una visione multidisciplinare. Non serve, anzi è un danno, l’emotività, il pathos classico del politico. È necessario essere razionali. In questo, devo dire che la laurea in ingegneria mi ha aiutato. L’economia, la spesa, la gestione di problemi articolati a più livelli mi ricordano la meccanica razionale. Li affronto con la stessa logica.

Com’è la situazione economica Lombarda?

Bisogna distinguere. Se ci riferiamo a prima del Covid, quindi a come l’economia lombarda procedeva fino allo scorso febbraio, va detto che i fondamentali erano in ordine, tanto che le nostre previsioni di bilancio erano espansive. Oggi, tutti sanno che l’Italia subirà quest’anno una caduta del Prodotto Interno Lordo in doppia cifra. E dato che la Lombardia è la regione traino dell’economia italiana per volume di Pil, ed è stata anche la regione maggiormente colpita dall’epidemia, ci è chiaro che il contraccolpo sarà importante. Devo dire, però, dal punto di vista produttivo, molti settori, almeno il 40%, non ha mai interrotto le attività e la quasi totalità ha ripreso a pieno regime. È evidente come alcuni comparti, penso alla ristorazione, al turismo classico e quello d’affari, all’abbigliamento, in generale all’insieme delle vendite al dettaglio, che si trovano in difficoltà. E il governo Conte di sicuro non sta facendo nulla di concreto per aiutarli. Assisto quotidianamente alla fiera degli annunci governativi con giostre mirabolanti di cifre multimiliardarie, e poi non viene pagata neppure la cassa integrazione.

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Il 22 ottobre 2017 la Lombardia, assieme al Veneto, ha chiesto maggior autonomia attraverso un referendum che ha riscosso un grande successo popolare. Non le chiedo qual è la situazione attuale sul fronte della trattativa con lo stato centrale perché è di competenza dell’assessore Stefano Bruno Galli, ma immagino che a lei, come assessore al bilancio, la situazione interessi particolarmente. Come potrebbe cambiare se Regione Lombardia potesse trattenersi almeno il 50% del residuo fiscale?

L’autonomia chiesta in maniera forte dai cittadini lombardi e veneti attraverso i referendum del 2017, che poi basta guardare i sondaggi successivi ha ancor più aumentato i consensi fino ad essere ormai una volontà plebiscitaria, non prevede che le regioni richiedenti trattengano alcunché del residuo fiscale. Non è previsto né è accennato implicitamente. Questo, per sgombrare il campo dalle false accuse di “egoismo” dei lombardi e dei veneti nei confronti del resto dei cittadini italiani. Sono false accuse lanciate dalle sinistre, Pd e M5s, su presupposti inventati di sana pianta. Il nostro residuo fiscale supera i 55 miliardi di euro all’anno. L’unico modo per usarlo in tutto o in parte sarebbe l’indipendenza della Lombardia, non l’autonomia. Credo che i lombardi aderirebbero in massa all’idea di Lombardia Stato. Come vorrebbero i catalani. Detto questo, col residuo fiscale attuale, la Lombardia potrebbe competere con la Germania, altro che solo migliorare la gestione ordinaria della cosa pubblica lombarda. E mi fermo qui.

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Codiv-19. Come è stata gestita secondo lei l’emergenza da parte della regione e da parte dello stato centrale? Ci sono state mancanze da parte del governo e se si quali? E da parte di Regione Lombardia?

La principale e catastrofica mancanza del governo è stata rappresentata dal fallimento della Protezione Civile, della quale in prima istanza è responsabile il presidente del Consiglio. È mancato completamente l’aiuto concreto nei primi mesi e dell’epidemia. I dispositivi di protezione individuale non sono stati forniti, e quando anche sono arrivati, erano assolutamente inadatti. Ricordate le “mascherine straccio”? Noi abbiamo dovuto fare da soli. Le nuove unità di terapia intensiva come gli ospedali provvisori o il reclutamento di nuovo personale sono solo opera nostra e della generosità dei tanti che si sono prodigati. E quando abbiamo chiesto di decretare le zone rosse nella provincia di Bergamo, il governo non l’ha fatto. Ho avuto la responsabilità nel pieno della tempesta epidemica in Lombardia, di cercare giorno e notte in tutto il mondo i materiali indispensabili alla protezione di medici, infermieri, operatori sanitari e macchinari e attrezzature per gli ospedali arrivati all’estremo delle loro possibilità di curare i malati di Covid. Abbiamo speso oltre trecento milioni di euro dei lombardi perché se avessimo dovuto attendere la Protezione Civile nazionale saremmo ancora fermi al palo. E ricordo che la gestione di un’emergenza è questione esclusiva nazionale. Eppure a febbraio a Palazzo Chigi si sono costruiti un loro presidio ospedaliero e fatto scorta di mascherine, per loro. Eppoi non dimentico che Conte non ha trovato il tempo per venire in Lombardia almeno una volta tra marzo e aprile a rappresentare la vicinanza dello Stato ai cittadini, alle famiglie che a migliaia vedevano morire di Covid i loro cari ogni giorno. Questa è, e rimane, una macchia indelebile.

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Di recente ha sollevato molte polemiche il tweet di Massimo Mantellini, uno dei super esperti che il premier Giuseppe Conte ha voluto nella task force anti-odio su internet, a cui lei ha risposto senza mezzi termini.

Ho già avuto modo di dire che il signor Mantellini è un giullare che balla alla corte del suo governo. È ovvio che abbia rivolto un volgare insulto ai cittadini lombardi col benestare del signor Conte. Altrimenti, sarebbe stato licenziato. Invece continua ad essere, lui che semina odio, uno dei due massimi “esperti” della task force di Conte contro l’odio nel web. Il signor Mantellini è uno sgangherato guitto a cui è stato ordinato di dire ciò che ha detto, facendo parte dell’esercito d’esperti ed esperticchi messo insieme da Conte, più di 450 vorrei sottolineare, che nemmeno il Dipartimento di Stato americano ne ha così tanti, per poi fare figure così disgustose. D’altra parte, sarebbe troppo pretendere da Conte qualcosa di diverso. Chi si somiglia, si piglia.

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Antonella Boccasile